C’è un motivo per il quale grandi e piccoli amano le fiabe: perché s’immedesimano nei panni dell’eroe! Affrontano l’avventura insieme a lui, superano le sue prove, temono per la riuscita dell’impresa e alla fine possono gioire soddisfatti. È meravigliosa la sensazione di serena compiutezza che ci pervade una volta giunti al tanto sospirato “… e vissero felici e contenti”.
Gli eroi delle fiabe incarnano tutte le qualità migliori, ci hai mai fatto caso? Sono generalmente belli, buoni, coraggiosi e generosi. Allo stesso modo, gli antagonisti sono cattivi e basta; a nessuno interessa conoscere le vicissitudini psicologiche della perfida regina di Biancaneve, a nessuno verrà mai in mente di mettere in dubbio la ferocia dell’Orco di Pollicino. Insomma, non ci sono mezze misure. Questo perché per il bambino sarebbe troppo difficile cogliere le sfumature psicologiche dei personaggi delle sue storie preferite. Inoltre, se vogliamo soffermarci sulla valenza educativa delle fiabe, è bene presentargli dei modelli ben definiti, cosicché possa imparare a conoscere il Bene e il Male. Insomma, i personaggi delle fiabe sono sempre tutti di un colore: bianchi o neri. Non esistono le sfumature grigie.
Quando la fiaba inizia con il suo incipit magico, “C’era una volta”, il piccolo ascoltatore entra nella trama e si fonde con l’eroe, seguendolo passo dopo passo. Si perde con Hansel e Gretel nel bosco, affronta la scalata della montagna per ritrovare i fratellini tramutati in corvi, supera ardue prove e compie viaggi fantastici. Nel far questo, il bambino ha la possibilità di fronteggiare le sue paure: paura di perdersi, di restare da solo, di non essere capace. Può abbandonarsi al suo timore senza remore, perché sa, come tutti sappiamo, che alla fine l’eroe vince sempre. Se lui si lascerà guidare dall’eroe sarà in grado di uscire dall’intrico del bosco più fitto, potrà sconfiggere il più tremendo degli orchi e saprà spezzare il peggiore degli incantesimi. Anche senza mamma e papà. Già, perché ogni protagonista può generalmente contare su un aiuto provvidenziale al momento opportuno: la fata madrina, la vecchietta cui ha donato un pezzo della sua pagnotta, un cane con gli occhi grandi come macine di mulino. È proprio questo il bello: attraverso le fiabe il bambino sa di potersela cavare da solo. Sa anche che un aiuto verrà sempre offerto a chi saprà chiederlo nel modo giusto, con cortesia e umiltà. Non c’è che da abbandonarsi con fiducia alla narrazione.
Se tuo figlio ti chiede sempre la stessa storia, se noti che dimostra una certa predilezione per un eroe in particolare, non preoccuparti: è normale. Sta facendo sua una lezione. Forse ha bisogno di ripetere quell’esperienza ancora e ancora, per poterla interiorizzare. Per cogliere la luce oltre il buio della caverna. Per ricordare la strada per uscire dalla foresta. Basta esserci, per sostenerlo attraverso la narrazione. A lui è sufficiente.
Non aver timore di spaventarlo: quel pizzico di paura fa parte del gioco, gli serve per imparare a gestirla. È una sorta di esercitazione: un briciolo di paura ogni tanto lo mette in condizione di affrontare le sue angosce più grandi. Perciò non privarlo della possibilità di provare questo sentimento, stai solo attento a cogliere eventuali segnali di disagio. Se ritieni che sia troppo, puoi sempre smorzare i toni.
Il bambino che ascolta le fiabe impara che con impegno e costanza si possono superare le prove più dure. Matura la fiducia in se stesso e nelle proprie capacità, tutto a partire da un semplice “C’era una volta”. Anche questa è la magia delle fiabe.
Antonella Arietano
* Con il termine “eroe” faccio riferimento in egual misura a protagonisti di genere maschile e femminile. Faccio uso del sostantivo maschile per praticità.